Disturbi del comportamento alimentare in età evolutiva: oltre il rapporto con il cibo

Alice si vede grassa. È una tredicenne che si nutre quasi esclusivamente di verdure crude, convinta che questo la renda più accettabile agli occhi degli altri. Pietro è un quindicenne che mangia fino a scoppiare, senza fermarsi nemmeno quando il suo stomaco gli chiede una pausa. Dopo, però, si chiude in bagno e si induce un vomito che, per quanto sgradevole, vive come liberatore.

Due storie diverse, ma unite da un filo comune: entrambi i ragazzi soffrono di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione (DNA).

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono complesse condizioni psichiatriche che colpiscono un numero crescente di adolescenti e preadolescenti, con un preoccupante abbassamento dell’età di esordio.

Questi disturbi non sono semplici alterazioni delle abitudini alimentari, ma sono il risultato della complessa interazione tra fattori genetici, psicologici, biologici, socio-familiari e culturali. Le conseguenze possono essere gravi, sia per il corpo che per la psiche, compromettendo profondamente la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie.

Affrontare i DNA richiede un approccio terapeutico complesso e multidimensionale, in grado di considerare tutte le sfaccettature di queste condizioni.

Cosa sono i disturbi della nutrizione e alimentazione?

Il DSM-5 – il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – descrive un panorama variegato di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, noti anche come disturbi del comportamento alimentare. 

Tra i DNA più conosciuti troviamo l’anoressia nervosa, caratterizzata da una eccessiva restrizione calorica, accompagnata dal terrore di ingrassare e da una percezione distorta del proprio corpo. Nell’anoressia nervosa, il controllo dell’alimentazione assume forme diverse: dalla rigorosa limitazione delle porzioni all’esclusione di certi alimenti, dal salto dei pasti alla preferenza per cibi ricchi di fibre, dal calcolo minuzioso delle calorie all’eccessivo consumo di liquidi e bevande dietetiche.

In molti casi, questi comportamenti si intrecciano con strategie compensatorie come il vomito autoindotto, l’abuso di lassativi e diuretici, o un’attività fisica spinta all’eccesso. I criteri diagnostici principali comprendono un peso corporeo significativamente inferiore alla norma per età, sesso e sviluppo fisico (tanto che nelle ragazze può manifestarsi l’amenorrea nutrizionale con l’interruzione del ciclo mestruale), la paura di aumentare di peso, la percezione alterata dell’immagine corporea e l’adozione di comportamenti che ostacolano l’aumento di peso.

La bulimia nervosa, invece, è caratterizzata da un pattern ciclico di comportamenti alimentari disfunzionali, in cui si alternano episodi di abbuffate e successivi comportamenti compensatori. Durante le abbuffate, che devono verificarsi almeno una volta alla settimana per tre mesi, la persona consuma una quantità di cibo decisamente superiore alla norma in un tempo limitato, accompagnata dalla sensazione di perdita di controllo.

Questi episodi sono seguiti da sentimenti di colpa e vergogna, che spingono all’adozione di strategie compensatorie come il vomito autoindotto, l’abuso di lassativi e diuretici, periodi di digiuno o un’attività fisica esasperata. Le conseguenze della bulimia sono significative: dalle abrasioni sulle nocche delle mani al deterioramento dello smalto dentale, dal reflusso al rallentamento dello svuotamento gastrico, dalle alterazioni elettrolitiche fino alle più gravi complicazioni cardiache.

A differenza dell’anoressia, le persone con bulimia possono mantenere un peso nella norma o persino superiore, rendendo il disturbo meno evidente all’esterno. Tuttavia, la sofferenza psicologica è intensa: l’autostima è fortemente condizionata dalla forma e dal peso corporeo, spesso accompagnata da difficoltà nella regolazione delle emozioni e comportamenti impulsivi.

Il disturbo si accompagna spesso ad altre condizioni psichiatriche come disturbi dell’umore, ansia, disturbi di personalità o abuso di sostanze, complicando ulteriormente il quadro clinico e richiedendo una diagnosi accurata basata su una valutazione completa delle condizioni fisiche e psicologiche del paziente.

Il disturbo da alimentazione incontrollata, noto anche come binge eating disorder, si caratterizza per ricorrenti episodi di abbuffate che, a differenza della bulimia nervosa, non sono seguiti da comportamenti compensatori.

Le abbuffate seguono pattern comportamentali specifici: si mangia molto più rapidamente del solito, spesso in solitudine, continuando fino a sentirsi sgradevolmente sazi anche in assenza di fame fisica. Questi episodi sono invariabilmente seguiti da un profondo disagio emotivo, caratterizzato da disgusto verso se stessi, depressione e senso di colpa.

A livello psicologico, il disturbo si associa frequentemente a una bassa autostima e può presentarsi in comorbidità con altri disturbi come depressione, ansia sociale, abuso di sostanze e ADHD. Dal punto di vista del peso corporeo, la situazione è variabile: circa la metà delle persone mantiene un peso nella norma, mentre l’altra metà sviluppa condizioni di sovrappeso o obesità, che possono portare a complicanze mediche come ipertensione, diabete e dislipidemia.

La diagnosi richiede una valutazione completa che comprende non solo la storia alimentare e comportamentale del paziente, ma anche un’attenta analisi del suo stato emotivo e delle eventuali complicanze fisiche associate.

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione negli adolescenti e nei preadolescenti

In Italia, più di tre milioni di persone soffrono di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, e nel mondo ogni anno decine di milioni di nuovi casi vengono diagnosticati.

Questi disturbi esordiscono tipicamente tra i 12 e i 25 anni, ma negli ultimi anni si è osservato un preoccupante abbassamento dell’età, con diagnosi che coinvolgono sempre più spesso bambini in età preadolescenziale, e persino nell’infanzia. Infatti, è sempre più frequente incontrare bambine o bambini di 8-9 anni con sintomi di disturbi alimentari tipici dell’adolescenza, soprattutto di tipo anoressico.

La popolazione più colpita è quella femminile, con il 90-95% dei casi: i cambiamenti fisici legati alla pubertà, in particolare l’aumento fisiologico della massa grassa, possono infatti aumentare l’insoddisfazione corporea e favorire l’insorgenza di comportamenti alimentari disfunzionali. Tuttavia, negli ultimi anni si è registrato un incremento significativo dei DNA anche tra i ragazzi, un fenomeno ancora sottostimato.

L’adolescenza rappresenta un periodo particolarmente vulnerabile, caratterizzato da importanti cambiamenti fisiologici e psicologici: l’aumentato fabbisogno energetico, lo sviluppo del sistema limbico, la crescente importanza del gruppo dei pari e l’esposizione ai social media possono contribuire all’insorgenza di questi disturbi.

Il quadro è ulteriormente complicato dall’alto tasso di cronicità e recidiva, dalla frequente presenza di comorbidità psichiatriche.  In alcuni casi, il disturbo alimentare può essere secondario ad altre problematiche psichiatriche, fungendo da “copertura” per altre difficoltà che l’adolescente sta affrontando.

Disturbi del comportamento alimentare: cosa fare?

Troppo spesso, nel tentativo di curare questi disturbi, ci si concentra solo sul peso da recuperare o sul comportamento alimentare da correggere. Tuttavia, questo approccio ignora la complessità del problema: trattare i disturbi alimentari come se fossero esclusivamente legati al cibo significa perdere di vista la persona nella sua interezza, con la sua storia, le sue relazioni e le sue emozioni.

Per affrontare efficacemente i disturbi del comportamento alimentare è necessario un trattamento specialistico multidisciplinare che coinvolga esperti in psichiatria, psicoterapia e nutrizione. Questo approccio integrato deve essere avviato tempestivamente, soprattutto in età evolutiva, per prevenire danni allo sviluppo e alla crescita. Come per molte patologie, il riconoscimento precoce di un disturbo alimentare aumenta significativamente le probabilità di guarigione.

Il Modello RFL

Recovery For Life ha sviluppato un modello di intervento basato sull’evidenza scientifica che riconosce la complessità dei disturbi del comportamento alimentare . Medici, psicologi, dietisti e altri professionisti collaborano strettamente per garantire una presa in carico globale del paziente.

Il percorso inizia con una valutazione approfondita che considera non solo gli aspetti nutrizionali, ma anche la storia personale e familiare del paziente, il suo profilo psicologico ed eventuali complicanze mediche. Questa valutazione permette di sviluppare un programma terapeutico su misura che integra diversi interventi: dalla riabilitazione nutrizionale alla psicoterapia individuale, dai gruppi terapeutici alla terapia familiare.

La famiglia è infatti un prezioso alleato nel processo di guarigione e rappresenta una componente fondamentale dell’approccio di Recovery for Life. I familiari vengono attivamente coinvolti e sviluppano la capacità di riconoscere e gestire le situazioni critiche, perfezionano le loro competenze comunicative e acquisiscono strumenti pratici per gestire i pasti. 

La personalizzazione del trattamento è un elemento chiave del successo terapeutico. Il programma viene costantemente modulato in base alle caratteristiche individuali del paziente, considerando l’età, la fase di sviluppo, la gravità del disturbo e la presenza di eventuali comorbilità.

Gli obiettivi terapeutici vengono definiti in modo graduale e realistico, dalla normalizzazione del comportamento alimentare al miglioramento della percezione corporea, dallo sviluppo di strategie di gestione delle emozioni al rafforzamento delle competenze sociali.

Il monitoraggio continuo permette di valutare i progressi e adeguare gli interventi quando necessario. La prevenzione delle ricadute rappresenta un aspetto importante del trattamento, con l’acquisizione di strumenti e strategie per gestire i momenti di difficoltà.

Il recupero dai disturbi alimentari è un percorso complesso che richiede tempo e pazienza. L’approccio integrato di Recovery for Life, che combina competenze specialistiche con il coinvolgimento attivo della famiglia, offre un supporto completo ai giovani pazienti. Attraverso questo percorso terapeutico, è possibile sviluppare una relazione più equilibrata con il cibo e una migliore percezione del proprio corpo, permettendo agli adolescenti di riprendere serenamente il proprio cammino di crescita e sviluppo personale. Perché oltre il rapporto con il cibo, ci sono Alice e Pietro che vogliono trovare la propria voce, la propria identità, la propria strada nel mondo.

Riferimenti bibliografici

Hornberger LL, Lane MA, AAP THE COMMITTEE ON ADOLESCENCE. Identification and Management of Eating Disorders in Children and Adolescents. Pediatrics. 2021; 147(1):e2020040279

Ana Paola Robatto, Carla de Magalhães Cunha, Luiza Amélia Cabus Moreira. Diagnosis and treatment of eating disorders in children and adolescents. Jornal de Pediatria, Vol 100, Sup 1, 2024, Pages S88-S96, ISSN 0021-7557, https://doi.org/10.1016/j.jped.2023.12.00

https://piattaformadisturbialimentari.iss.it

https://www.salute.gov.it/portale/saluteMentale/homeSaluteMentale.jsp

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