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Per un modello clinico integrativo

Il modello riabilitativo nasce dall’esigenza di rispondere al bisogno di strutturare percorsi riabilitativi ed integrativi

Il modello riabilitativo di Recovery For Life nasce dall’esigenza di rispondere ad un sempre più urgente bisogno di strutturare percorsi riabilitativi ed integrativi per adolescenti e giovani adulti, rispetto all’offerta dei Servizi Territoriali

Ideare ed attuare un modello riabilitativo, rivolto ad adolescenti e giovani adulti, multilivello ed integrativo rispetto all’offerta dei Servizi Territoriali.
Questa la sfida raccolta da Recovery For Life, che costruisce – grazie al lavoro svolto quotidianamente dai professionisti all’interno delle strutture – un modello clinico dotato di un approccio “umanistico”: la persona, la sua famiglia e i servizi coinvolti sono il centro dell’intervento integrato,  la patologia psichiatrica viene affrontata all’interno di una lettura multifattoriale, ove risorse e difficoltà vengono accolte e rielaborate all’interno di un progetto terapeutico individualizzato.   


La Dott.ssa Laura Tieghi, psicologa psicoterapeuta e coordinatore clinico di Recovery For Life, dialoga sul tema contestualizzandolo nel più ampio scenario dei Servizi Territoriali rivolti alla comunità tutta.


Recovery For Life intende essere la struttura di riferimento nei percorsi di riabilitazione psichica e relazionale per i giovani e le loro famiglie. Qual é il bisogno primario a cui intende rispondere? 

Il modello riabilitativo di Recovery For Life nasce proprio dal crescente e sempre più urgente bisogno di fornire risposte innovative alle necessità cliniche e riabilitative per la fascia d’età adolescenziale e giovane adulta.
La pandemia di Sars-Covid19 ha puntato i riflettori, ed al contempo amplificato, la criticità di offerta assistenziale e riabilitativa rivolta agli adolescenti. È dunque emersa, in modo esponenziale, la necessità di progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati ed orientati al contesto di vita e al futuro del giovane. Questi ultimi divengono quindi integranti ed integrativi dei Servizi Territoriali che, in occasione di questa emergenza sanitaria, hanno mostrato certamente di saper rispondere al bisogno collettivo, ma al contempo di non possedere sufficienti risorse socio-familiari e di programmazione strutturata.


Recovery For Life è un modello clinico integrativo. Cosa si intende?


Il modello riabilitativo di Recovery For Life poggia su tre assi fondamentali.

Anzitutto la centralità della persona, al contempo intesa appunto come paziente ed individuo avente una propria storia, risorse e limiti. Il lavoro clinico operato per e con i giovani deve inevitabilmente muovere dal pensarli adulti e quindi oltre la “foresta di spine” che attraversano nel momento in cui vengono presi in carico
Così facendo Recovery For Life è in grado di andare oltre quel “breack down” evolutivo ed intravedere quindi un percorso all’insegna di un nuovo modo di interpretare i sintomi, nella ripresa della carriera scolastica, in un nuovo modo di comunicare in famiglia e quindi nella sostituzione degli agiti autolesivi con modalità rinnovate del parlare di sé. 

Lavorare in rete è il secondo asse portante del modello clinico di Recovery For Life, definito appunto “integrativo”.
Potenziare la capacità di lettura del singolo caso nella sua globalità, ovvero rispetto al contesto d’appartenenza familiare e sociale; offrire un ambiante protetto di ascolto e cura e quindi costruire percorsi terapeutici “tailored” completi, individualizzati ed orientati alla riabilitazioneQuesti sono gli obiettivi perseguiti dal lavoro in rete tra le équipes e i Servizi Territoriali, condividendo in modo costante conoscenze e strumenti di comprensione.

Il modello clinico di Recovery For Life poggia, inoltre, su un terzo assela famiglia, intesa come soggetto centrale dell’intervento riabilitativo.
Ascoltare, osservare e coinvolgere le famiglie e le figure significative protagoniste del caleidoscopio delle esperienze del giovane diviene elemento cardine nella progettazione degli obiettivi riabilitativi.
Favorire il recupero di competenze relazionali e comunicative nei sistemi familiari, costruire nuove risorse evolutive e strade resilienti sono strumenti ed al contempo obiettivi e risultati del lavoro multidisciplinare e multilivello del modello clinico di Recovery For Life. 


Come si traduce il modello clinico nell’operato quotidiano dei professionisti all’interno delle strutture riabilitative di Recovery For Life?

Le strutture riabilitative di Recovery For Life declinano il modello clinico integrativo attraverso il lavoro di équipes che è di tipo “multidisciplinare” sia per composizione che per approccio terapeutico.
Le équipes sono costituite da neuropsichiatri, psichiatri, psicoterapeuti, medici internisti e nutrizionisti, educatori professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica, infermieri professionali ed operatori socio sanitari.
Il confronto e l’integrazione tra discipline differenti consente di costruire percorsi terapeutici individualizzati che quindi ben si adattano alla tante necessità del singolo.
In seguito alla fase iniziale di assesment e conoscenza, l’équipe elabora il progetto terapeutico riabilitativo.

Il PTR è il prodotto della lettura multidisciplinare del paziente, ovvero l’anamnesi medica e psicopatologica viene integrata con le condizioni generali del giovane: il percorso farmacologico nella sua stabilità e nella necessità di variazione, la conoscenza e presa in carico della famiglia, gli aspetti educativi e riabilitativi, lo stato del percorso scolastico e/o lavorativo. Nel PTR ogni area d’intervento è chiamata a declinare obiettivi puntuali, raggiungibili, ipotizzando un tempo di rivalutazione. Il PTR diviene così uno strumento di condivisione con il paziente e la sua famiglia, di fatti tradotto poi in contratto terapeutico a firma di tutti gli attori del progetto: giovane, famiglia ed équipe. Incontrare le équipes del territorio in modo agile e veloce consente di allineare le proposte sulle criticità e sui traguardi raggiunti. 


Quali sono gli strumenti clinici messi a disposizione delle équipes da Recovery For Life?


Gli strumenti che Recovery For Life mette a disposizione delle équipes favoriscono la comunicazione, lo scambio di informazioni e la fruizione delle conoscenze interdisciplinari.
L’adozione di una cartella clinica informatizzata e altamente customizzata per ogni struttura consente alle équipes di ottenere aggiornamenti puntuali sull’andamento dei percorsi riabilitativi dei pazienti in modo intuitivo, veloce ed accessibile. Ciò consente non soltanto di ottimizzare la comunicazione e la partecipazione, ma anche di alleggerire e quindi potenziare i processi di data entry di ogni struttura. 
Viene favorita e promossa la partecipazione alle riunioni cliniche e di staff da remoto al fine di consentire a tutti gli operatori di essere aggiornati e quindi attivamente partecipi delle decisioni cliniche ed organizzative.
La partecipazione attiva ai momenti organizzativi e la condivisione massima delle informazioni cliniche favorisce la conoscenza e il lavoro di tutti gli operatori, nonché la medesima percezione dei pazienti di essere parte di un “dispositivo virtuoso” di informazioni e scambio reciproco.
L’incontro con un sistema terapeutico-riabilitativo coeso e stimolante, al contempo coerente nella cura e nell’applicazione delle regole, è senz’altro un modello clinico degno di ascolto e comprensione.
Inoltre, la formazione continua e specialistica di tutti gli operatori delle strutture è punto nodale del modello sia clinico che strategico di Recovery For Life. La costante attenzione alle esigenze formative, all’innovazione e all’aggiornamento professionale ha costituito le fondamenta per la creazione dell’Academy di Recovery For Life, incubatore e promotore di formazione e cultura.          

I progetti terapeutico-riabilitativi attuati da Recovery For Life possono definirsi “processuali”, ovvero si declinano in fasi specifiche sulla base di un piano clinico-assistenziale altamente personalizzato sul paziente. In che modo? 

La valutazione dell’inserimento in struttura riabilitativa avviene all’interno di un’équipe congiunta, ovvero composta dai rappresentanti del Servizio Territoriale inviante e dal team di valutazione. Quest’ultimo, composto dal coordinatore di struttura, il coordinatore clinico e il medico psichiatra, approfondisce gli elementi forniti mediante la relazione d’invio, con il fine ultimo di progettare il percorso d’inserimento e di avvio riabilitativo più adeguato per il giovane.
E’ infatti questa fase iniziale, spesso sottovalutata, che poggia le basi per un inserimento efficace e solido. Aver condiviso punti di forza, debolezze e criticità con i clinici del servizio inviante mette in moto un virtuoso circolo di dialogo e comunicazione, ove il parlare si fonde con il fare.
Alla valutazione congiunta segue sempre un incontro conoscitivo in struttura con il paziente, i famigliari e i rappresentanti del servizio. Questa fase del processo valutativo è essenziale per saggiare la motivazione alla base della volontà di entrare in struttura, lavorando al contempo su aspetti contemplativi o oppositivi.
Non di rado, infatti, l’inserimento in comunità – disposto dal TM a protezione del giovane – può essere percepito come un obbligo, persino a volte come una punizione o una minaccia. 
L’incontro all’interno della struttura diviene indispensabile proprio al fine di trasformare questo spettro negativo in una possibilità, un’occasione di crescita e di cambiamento.
La presenza dei famigliari all’incontro risulta fondamentale, in quanto il loro coinvolgimento durante il percorso riabilitativo diviene strumento ed al contempo obiettivo e risultato dell’intervento medesimo.
Si possono accogliere, così facendo, eventuali dubbi, paure, perplessità e persino reticenze.
Non è possibile, infatti, prescindere dalla difficoltà del genitore nell’affidare il proprio figlio ad una struttura come non è altrettanto possibile non lavorare sulla spinta alla delega verso la struttura di genitori più espulsivi.
Comprendere questi “moti opposti” è alla base della conoscenza del minore e della sua storia. 

 
L’ingresso al percorso riabilitativo equivale all’incipit di un processo di conoscenza e approfondimento diagnostico. Quali sono le principali fasi che lo scandiscono? 

Le prime quattro settimane sono dedicate all’ambientamento, all’apprendimento dei ritmi e delle regole e all’emergere dei vissuti del minore e del suo contesto familiare di riferimento.
La fase di assessment costituisce un momento molto delicato per l’équipe, che è chiamata a mettere in campo le migliori competenze di osservazione ed accoglienza, nonché parallelamente cominciare ad individuare le “zone” di lavoro clinico-riabilitativo da prospettare nel PTR .
La testitistica e i colloqui con gli psicoterapeuti, la valutazione anamnestica e della terapia farmacologica da parte degli psichiatri, l’osservazione relazionale e le griglie sulle competenze degli educatori e TeRP sono l’ensamble degli strumenti di composizione dell’assessment che, mediante le riunioni cliniche settimanali, produce così un progetto terapeutico riabilitativo in grado di declinarsi in obiettivi specifici per ciascuna area d’intervento. 

Al termine dell’assessment il minore e la famiglia vengono convocati al fine di condividere e firmare il contratto terapeutico, il quale rappresenta la “versione narrativa” e comprensibile del PTR: alla persona è riconosciuto l’imprescindibile diritto all’informazione sulla cura che è tra i principi fondanti di Recovery For Life. 


All’interno del percorso riabilitativo di Recovery For Life qual è la fase che richiede maggiore riflessione e pianificazione congiunta? 

Senz’altro quella delle dimissioni.
Il rientro stabile e definitivo a casa è meta da raggiungere in modo graduale e mediante numerose “sperimentazioni”. Stare in comunità, infatti, può divenire – in seguito ad una primo periodo di assestamento iniziale – una condizione di protezione, altamente supportiva del giovane.
Avendo certezza di potersi sempre confrontare con l’équipe, il giovane compie esperienze riparative e costruttive di un nuovo sé funzionale, adeguato ed efficace.
Il rientro a scuola, il riavvicinamento alle amicizie, il lavoro psicoterapico di costruzione di senso dell’esperienza sono effetti del vivere sicuri in comunità.
Cosa accade quando si rientra a casa? La risposta è contenuta nel “processo di dimissioni progressive”, che prevede graduali rientri a casa, ove le nuove competenze acquisite, il supporto della famiglia e l’integrazione con i Servizi Territoriali fungono da “bussola” per le nuove esperienze. 

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