info@recoveryforlife.it

Il Centro Diurno, ovvero lo stupore dell’attenzione

Se lavori con l’adolescenza e con i problemi a questa collegati è impossibile eliminare l’elemento sorpresa

Dott. Velio Degola
Coordinatore Clinico Centro Diurno (MI)

Quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa su cosa sia il Centro Diurno, su come lavoriamo, sono rimasto un attimo confuso. Mi sono chiesto se la necessità fosse scrivere un articolo tecnico o un articolo descrittivo.
Non sapendo quale delle due scegliere ho deciso per entrambi. Forse questa scelta può stupire ed è esattamente quello che voglio descrivere qui, cioè ciò che cerchiamo di fare nel nostro lavoro clinico al Centro Diurno: muovere stupore

Lo stupore è un’emozione fondamentale, spinge alla scoperta, crea collegamenti, attiva le funzioni cognitive, spinge a dare e cercare il nesso tra ciò che ci meraviglia e ciò che già conosciamo e ciò che invece vorremmo sapere.
Lo stupore attiva il desiderio, l’adattamento all’ambiente che circonda, incrementa la curiosità, agisce sulle funzioni intellettive creando continue connessioni e queste sono funzioni fondamentali che caratterizzano l’intelligenza umana e il suo sviluppo.

Se lavori con l’adolescenza e con i problemi a questa collegati è impossibile eliminare l’elemento sorpresa

E’ vero però che, in realtà,  spesso cerchiamo di evitare le sorprese, agendo sulla  programmazione puntuale, intervenendo sulla qualità dei servizi erogati, preparando e seguendo protocolli operativi con lo scopo di eliminare o almeno ridurre gli eventi non prevedibili e non previsti e, quando accadono, perché sempre accadono, avere pronto il sistema per porvi rimedio attuando un abbattimento delle conseguenze negative. 

Più faccio questo lavoro, sono ormai più di trent’anni, più sono convinto che invece dovremmo essere valutati in base alla nostra capacità di accogliere la sorpresa ed interagire con lo stupore permettendo così la riscoperta costante delle nostre risorse, favorendo il sostegno di noi stessi, individuando i bisogni formativi, fornendo risposte originali ed innovative ai nostri pazienti e, non ultimo, supportando le nostre organizzazioni a crescere e imparare creativamente dagli imprevisti e perché no anche dagli errori. 

Se ripensiamo alla nostra adolescenza ci ricordiamo, senza dubbio, che era un periodo di scoperte continue, di paure, di attese tutte condite da fortissime emozioni. Queste erano collegate alla paura della conoscenza che si manifestava come ansia indefinita di perdere il mondo conosciuto fino a quel momento tramite le esperienze relazionali più o meno adeguate, più o meno stabili. Quello della stabilità è un mondo che, da qualunque parte lo si guardi, ci riconosce e ci permette di fare parte di una narrazione distinguibile ed unica di noi stessi rispetto all’uniformizzazione massiva degli altri. In questo contesto di riconoscimento dell’individualità il valore o il disvalore delle nostre azioni viene svelato e porta a dare forma anche alla nostra identità soggettiva che diventa visibile, presente, udibile, concreta.
In fondo siamo tutti  stati riconosciuti, come persone, per quello che facevamo e per come lo facevano.
Il bravo ragazzo, il teppista, la puttanella, la suora e via dicendo. Questa è la certezza che consente all’adolescente di muoversi ed operare con un’indiscussa apparente stabilità, fosse anche avviluppato nel turbinio di sintomatologie che, dall’esterno, vengono decodificate come estremamente patologiche e disturbanti, ma che permettono di mantenere un’identità chiara e soprattutto non minacciano la stabilità, anche se la  stabilità  si dovesse riconoscere nella costante della componente  patologica. Se sono malato, se sono sofferente, sono comunque qualcuno e per questo sono riconosciuto, visto e pensato. E’ peggiore il rischio di perdere la propria visibilità piuttosto che soffrire per mantenere intatti aspetti anche dannosi ma che alla fine caratterizzano e identificano la persona. 

Veicolare l’emozione dello stupore nei nostri giovani pazienti significa permettere di distendere l’ampiezza della percezione oltre i confini, a volte terribilmente martoriati, del corpo ed aprire a possibilità certamente insolite ma evolutive. Lo stupore irrompe in maniera immediata ed improvvisa, scompagina l’oscurità e sconfigge il timore del nuovo potenziale rendendolo approcciabile, pensabile, agibile, collocandolo in un contesto del tutto nuovo di scoperte e di possibilità. L’incursione della meraviglia porta luce, anche generativa, e questo è uno dei sensi dei gruppi creatività che svolgiamo tutti i venerdì pomeriggio dove, sulla base di una parola vengono riprodotte le emozioni su carta. Davvero la sorpresa è grande nell’assistere ai racconti e nell’osservare i disegni rappresentati in gruppo, dove, in perfetto rispetto gli uni degli altri, si apprendono e condividono punti di vista, visioni, idee.
Stupirsi permette di portare alla luce l’inconsueto che diventa possibile e concreto. 

Il lavoro terapeutico del nostro CD ha, quindi, un tema comune, un filo rosso conduttore che è l’educazione alla meraviglia emotiva. Un’emozione fondamentale che non bisogna mai smarrire soprattutto come clinici.
E’ necessario  mettere i panni del viandante curioso ed entrare in una condizione di scoperta sentendoci immersi in una “viandanza” fatta di soprese che noi stessi, con le nostre competenze cliniche e tecniche, cerchiamo di proporre e sostenere immersi nella tensione ideale sempre pronti a trovare strade inesplorate, soluzioni mai prese in considerazione, idee originali e leve di possibili cambiamento. 

Ovviamente questo atteggiamento di fondo propone una profonda sfida  per gli operatori che sono chiamati a risuonare attivamente, tramite il loro pensiero divergente, con risposte originali, creative, a risentirle e riproporle con stupore meravigliato collocandole nel processo di cura che prende in carico tutta la persona. 

Nulla può essere considerato scontato nella relazione terapeutica, non un sintomo dei nostri pazienti, non una emozione risonante nell’operatore, persino il dramma della perdita della vita ci permette di abbandonarci allo stupore pur nella sua insanabile tragicità. 

Educare allo stupore significa, ancora, educare al bello, lasciare uno spazio all’estetica considerandola come elemento qualificante ma non indentificante la persona. Avere cura di noi, del nostro aspetto, del nostro corpo significa rispettarne i tempi, i movimenti e le sue specifiche necessità. 

Educare allo stupore è ancora una sfida tortuosa perchè significa educare ed educarci costantemente all’empatia ma a non cadere nella trappola della identificazione ed è per questo che dobbiamo continuare a stupirci anche del dolore. 

Purtroppo il dolore psichico, morale per qualche meccanismo difensivo di protezione, fatica ad assurgere al grado di dolore vero, al pari del somatico, percettibile.
Quante volte sentiamo dire dai media:” la vittima ha solamente riportato un forte stress”. Mai avverbio fu peggio utilizzato! Il dolore psichico è, per chi lo percepisce, incondivisibile, lo si sente terribilmente presente nel corpo ma distante, lontano, impossibile da riferire condividere, privo di forma. A volte viene definito come assenza di volontà anche dagli stessi famigliari dei nostri giovani pazienti. 

Per questo il nostro modello di intervento coinvolge anche la famiglia. Nei gruppi genitori proponiamo prospettive differenti, visioni dei fatti sorrette dal nostro stupore e amiamo veicolare la genuina sorpresa a fronte di eventi sia evolutivi quanto di fronte agli arresti del processo terapeutico. 

La nostra costante sfida consiste nell’uscire dall’assuefazione del banale, che considera il dolore psichico come un evento ineluttabile con un’unica risposta convenzionale possibile: succede.  

Ci piace pensare che possiamo anche stupirci delle tassonomie cliniche, delle diagnosi, delle marmoree definizioni dei manuali, aggirando creativamente le letture inventando fenomenologicamente nuove prospettive sorprendenti e con meraviglia tendere una mano utilizzando lo stupore come “arma di assalto” al banale e all’ineluttabile. 

La meraviglia, infine, ci coglie quando nonostante tutto non ci sentiamo mai rassegnati e dopo tanti anni ci diciamo che sì ne vale la gioia e non la pena fare questo strano mestiere. 

L' Academy, le notizie dai centri e tante notizie sulla salute mentale

Iscriviti alla nostra Newsletter per rimanere sempre aggiornato sul mondo di Recovery For Life.