Essere adolescenti significa affrontare cambiamenti profondi: il corpo si trasforma rapidamente, le relazioni diventano più complesse, il mondo interiore si agita tra passioni e fragilità. In questo percorso incerto, il sostegno degli adulti è decisivo. Ma cosa significa davvero “esserci” per un ragazzo o una ragazza che cresce?
Chi desidera approfondire il tema del legame tra corpo, identità e disagio adolescenziale può leggere questo articolo di Recovery for Life e, se preferisce, guardare anche questo video su YouTube che esplora gli stessi aspetti.
Ascoltare gli adolescenti senza giudicare
Il primo compito degli adulti è saper ascoltare. Rebecca Daniotti, antropologa clinica di Recovery for Life, lo sintetizza così: «È tanto importante garantire a questi ragazzi uno spazio di assoluta accoglienza e legittimazione delle loro istanze, quanto aiutarli a proteggersi dal mondo».
Spesso gli adolescenti non chiedono direttamente aiuto. Il loro disagio si manifesta attraverso comportamenti che lasciano gli adulti spiazzati: eccessi, isolamento, scatti improvvisi. Leggerli come semplici provocazioni rischia di alzare muri. «Sotto questi comportamenti – spiega Viola D’Onofrio, tecnico della riabilitazione psichiatrica (TERP) presso la Comunità di Casteggio di Recovery for Life – esiste un bisogno di contenimento, di protezione e di conferma».
L’adulto che non giudica ma resta presente diventa una figura di riferimento. Non ha tutte le risposte, ma offre uno spazio in cui i ragazzi possono provare a dare un senso alle emozioni confuse.
Perché lo sguardo dei genitori è fondamentale per gli adolescenti
Gli adolescenti si specchiano continuamente negli altri, e lo sguardo adulto ha un peso enorme. «Lo sguardo genitoriale condiziona parti profonde del sé dei ragazzi» ricorda D’Onofrio.
Questo significa che parole distratte o giudizi frettolosi possono ferire più di quanto immaginiamo. Al contrario, uno sguardo che trasmette fiducia aiuta i ragazzi a credere nelle proprie capacità.
Per i genitori, il passaggio più difficile è accettare che i figli possano seguire strade diverse da quelle immaginate. «Un figlio nasce nella mente dei genitori ancor prima di venire al mondo, in termini di aspettative e desideri», sottolinea D’Onofrio. Accogliere il figlio reale, e non solo quello sognato, è un atto d’amore maturo.
Per altri suggerimenti su come accompagnare i figli durante questa fase delicata, può essere utile leggere questo approfondimento di Save the Children con tre consigli pratici per i genitori di adolescenti, che sottolinea l’importanza di mantenere un dialogo aperto, rispettando l’autonomia dei ragazzi ma restando sempre disponibili all’ascolto.
Adolescenti e incertezza: il ruolo degli adulti nell’accompagnare la crescita
L’adolescenza è, per sua natura, una fase di incompiutezza: non più bambini, non ancora adulti, i ragazzi vivono un tempo di trasformazione continua. Cercano, provano, sbagliano. Per gli adulti è naturale preoccuparsi, ma a volte, nel tentativo di rassicurare, si rischia di dare risposte frettolose che non lasciano spazio al dubbio e all’esplorazione.
Marco Tibaldi, insegnante e formatore, suggerisce di «partire da una socratica consapevolezza del sapere di non sapere». In altre parole: riconoscere che non sempre capiamo tutto, ma possiamo camminare accanto ai ragazzi con curiosità e disponibilità.
Questa posizione libera gli adulti dall’ansia di avere sempre la risposta giusta o la soluzione immediata. L’adolescenza non è un’equazione da risolvere: è un percorso da condividere. Ammettere di non sapere non significa essere incompetenti, ma dare valore al dialogo e alla ricerca comune. Vuol dire riconoscere di non avere tutte le risposte, ma di dimostrarsi presente e disponibile a cercarle insieme.
Per chi desidera esplorare più a fondo le difficoltà psicologiche che possono emergere durante questo periodo di trasformazione, può essere utile leggere questo approfondimento di Recovery for Life sulle complessità emotive che possono accompagnare la crescita adolescenziale.
Per un genitore o un insegnante, questo atteggiamento è spesso più utile di mille spiegazioni teoriche. Trasmette al ragazzo l’idea che le sue domande sono legittime, che l’incertezza fa parte della crescita e che non deve affrontarla da solo. È così che l’adulto diventa una presenza affidabile: non una figura giudicante, ma un compagno di strada che incoraggia e sostiene.
E questo vale anche per la scuola. «Il nostro lavoro – osserva Tibaldi – è fatto di un 20% di contenuti e per l’80% di relazione». Gli studenti imparano tanto dalle materie insegnate quanto dalla qualità della presenza degli adulti che li accompagnano.
Per chi lavora nella scuola o è genitore, può essere utile leggere questo articolo della psicologa Aielli su come aiutare i bambini ad amare la scuola, che mette in luce quanto sia importante sostenere i ragazzi nel processo di apprendimento, valorizzarne le passioni e costruire un ambiente che incoraggi fiducia, autonomia e benessere.
Essere adulti “sufficientemente buoni”
Non servono genitori perfetti o insegnanti infallibili. Servono adulti “sufficientemente buoni”, capaci di sostenere senza invadere, di guidare senza imporre, di offrire regole senza trasformarle in gabbie. L’adolescente non cerca un adulto impeccabile, ma una presenza autentica che sappia riconoscere i suoi limiti e, al tempo stesso, non abbia paura di mostrare i propri.
Come spiega Rebecca Daniotti, «il nostro compito è promuovere un accesso a una soggettività più consapevole, autentica e complessa». Questo non significa eliminare ogni rischio o spianare la strada, ma aiutare i ragazzi a dare forma al proprio mondo interiore con le parole e con i gesti.
In pratica, spesso basta poco: una presenza costante, un gesto di cura, un “ci sono” che non giudica. È nelle piccole conferme quotidiane – un insegnante che nota un progresso, un genitore che dedica tempo senza distrazioni, un adulto che riconosce un talento o anche solo una fatica – che i ragazzi imparano a fidarsi di sé stessi e degli altri. Sono piccoli gesti che aiutano i ragazzi a sentirsi visti, riconosciuti e quindi più sicuri nel loro percorso di crescita.
Come essere davvero presenti nella vita degli adolescenti
Anche se non lo dice apertamente, l’adolescente ha bisogno di «un adulto attivamente presente che lo riconosca e lo sostenga nel suo percorso di crescita», come sottolinea Viola D’Onofrio. Non si tratta di proteggere i ragazzi da ogni rischio né di risolvere al posto loro le difficoltà: ciò che conta è offrire uno spazio in cui possano sentirsi accolti e legittimati, anche nei momenti più confusi.
Essere quell’adulto non significa avere tutte le risposte, ma saper offrire ascolto, riconoscimento e fiducia. Significa esserci davvero: non come modello perfetto, ma come presenza stabile e disponibile, capace di ricordare ai ragazzi che la loro ricerca di sé non è un viaggio solitario.